venerdì 30 gennaio 2015

Una riflessione (un po’ amara) su Arte Fiera 2015

Si è conclusa ormai da qualche giorno anche questa edizione di Bologna Arte Fiera e non posso esimermi dallo scrivere qualche riga in proposito. Credevo che rifletterci un po’ su avrebbe potuto mitigare la mia prima impressione, ma devo dire a malincuore che non è cambiata di molto: la Fiera di Bologna non è più all’altezza della sua tradizione e mi sembra ormai un esercizio stanco e ripetitivo, dove è difficile trovare nuovi spunti.

Se la motivazione sia da trovare nel crollo degli sponsor e dei finanziamenti, in alcune scelte curatoriali o in altri aspetti non saprei, probabilmente è un mix di tutte queste componenti. Ma è un dato di fatto che la qualità della proposta quest’anno era assai inferiore alle mie aspettative, con un divario notevole fra alcune solide realtà che hanno confermato il loro buon livello e molte altre presenze decisamente non all’altezza. Il risultato? Snobbata completamente dai collezionisti stranieri, una fiera di provincia in una città che può dare molto di più.

Andrea Mastrovito @Boxart (Verona)
Non parlerò della sezione del moderno, che mi compete e interessa in misura minore. Mi ha lasciato perplesso la scelta di riservare uno spazio ristretto e secondario ai solo show: una galleria che decida di puntare tutto su un unico artista andrebbe premiata o quanto meno le andrebbe concessa la possibilità di emergere in mezzo alle altre, anziché perdersi ai confini del padiglione… Questione di spazi, di prezzi? In ogni caso mossa sbagliata. Fra tutti questi stand mi sento di premiare quello di Caterina Tognon, con la sempre elegante Maria Morganti e le genovesi Pinksummer, che sembravano sbarcate da un altro pianeta con il loro spazio reso quasi monocromo dalle opere di Luca Vitone. Non è il mio genere ma ho apprezzato la scelta intransigente.

Arte Fiera Bologna 2015

Arte Fiera Bologna 2015

Arte Fiera Bologna 2015
Maria Morganti @ Caterina Tognon (Venezia)
Fra le altre gallerie premio Primo Marella, con uno stand ricco, accattivante e infatti molto frequentato, comunque in linea con quello che siamo abituati a vedere anche in viale Stelvio a Milano, poi Eduardo Secci, un giovane sul quale mi sento di poter scommettere, che ha presentato uno stand molto vario fra le provocazioni di Dupont e l’eleganza di Massimo Vitali. E senza alcun dubbio anche la Galleria Continua, con un'affascinante opera di Hans Op De Beeck che rifletteva la parete di Daniel Buren.

Hans Op De Beeck @Galleria Continua (San Giminiano)


Arte Fiera Bologna 2015
Galleria Continua - Arte Fiera Bologna 2015

Arte Fiera Bologna 2015
Eduardo Secci - Arte Fiera Bologna 2015


Arte Fiera Bologna 2015
Primo Marella - Arte Fiera Bologna 2015

Ho apprezzato molto anche la sezione fotografia, curata dal MIA Milano Image Art Fair, che ho trovato molto elegante e che mi lascia ben sperare sulla prossima edizione della fiera milanese. Scommessa invece persa da Arte Fiera, per cui investirò le mie aspettative su Miart, tanto atteso in questo cruciale pre-Expo.

lunedì 19 gennaio 2015

Gallerie, mostre e incontri da non perdere a Bologna Arte Fiera 2015

A pochi giorni dall’inaugurazione è il momento di stilare il programma per il weekend bolognese di Arte Fiera 2015 (23-26 gennaio), in modo da non perdere niente di questo evento che vede ben 185 gallerie partecipanti e innumerevoli eventi collaterali grazie ad Art City

Il catalogo è un buon punto di partenza per ritrovare le gallerie che già conosciamo e amiamo. Fra gli spazi della main section di certo non perderò le proposte di Antonella Cattani di Bolzano, di cui da anni seguo i progetti sempre eleganti e ben curati, Eduardo Secci di Firenze, che l’anno scorso mi ha riservato interessanti sorprese, Primo Marella, una certezza, Massimo Minini e Caterina Tognon, con un solo show di Maria Morganti.

Bologna Arte Fiera 2015

Detto questo, la fiera per me è soprattutto novità, aria fresca e per questo confido molto nella sezione Nuove proposte: 10 gallerie che presentano esclusivamente artisti under 35. Le trovate al Padiglione 25. Sempre nello stesso spazio non perdete la sezione Fotografia, curata dal team di MIA - Milan Image Art Fair, la prima e fondamentale fiera italiana dedicata a questa disciplina, ideata e diretta dal collezionista Fabio Castelli e in costante crescita.

Uno spazio particolare è il Focus East, dedicato alle gallerie di respiro internazionale che propongono il lavoro di artisti provenienti dall’Est europeo, sempre più attraente. Se vi incuriosisce, dritti al Padiglione 26. 


Devo dire che Bologna quest’anno sembra aver pensato a me, offrendo la più grande rassegna italiana mai dedicata alla scena mediorientale, ospitata nella prestigiosa sede della Pinacoteca Nazionale: Too early, too late. Middle East and Modernity è forse l’appuntamento che aspetto di più in questo weekend bolognese (anche se la mostra resterà aperta fino al 12 aprile). Circa 60 artisti attivi nell’area che va dalla Turchia al Libano fino ai Paesi Arabi, le cui opere provengono esclusivamente da collezioni private, dimostrando la lungimiranza e l’apertura mentale dei collezionisti italiani che hanno saputo individuare e promuovere il valore di questi talenti ancor prima della consacrazione da parte del mercato e della critica. Sono felice che fra questi ci sia anche il mio amico Giuseppe Iannaccone. Cura la mostra Marco Scotini, che a breve lo vedremo alle prese con il Padiglione albanese della ormai vicinissima Biennale di Venezia.

Fra le varie conversazioni vi segnalo un appuntamento cui tengo molto e che vede protagonista Isabella Villafranca Soissons, la mia restauratrice di fiducia. Venerdì 23 alle 17.00 si parlerà di conservazione e restauro dell’arte contemporanea, ovviamente, presso la sala Melodia del Centro Servizi di Arte Fiera. Un incontro preliminare che annuncia la pubblicazione del testo curato da Isabella, che presenteremo a Venezia. Stay tuned!


Ci vediamo a Bologna!



martedì 13 gennaio 2015

Un anno con Tino Sehgal non ci stancherà

Anno nuovo, direzione nuova per il museo Stedelijk di Amsterdam. E Beatrix Ruf inaugura il suo ruolo nel migliore dei modi scegliendo di dedicare l’intero 2015 a Tino Sehgal. Non si tratta certo di una scommessa su una nuova scoperta, ma la qualità del suo lavoro è apprezzata universalmente e la fortuna dell’artista è strettamente legata al museo olandese, che lo ha promosso fin dagli esordi nei primi anni 2000. Solo più tardi la celebre "This is contemporary" per cui tutti lo ricordiamo approdò alla Biennale di Venezia, a Documenta, al Guggenheim di New York e alla Tate Modern.

Tino Sehgal

Un capitolo diverso per ogni mese, così Tino Sehgal riempirà gli spazi dello Stedelijk con le sue “situazioni”. Un progetto lungo un anno che di certo metterà ancora una volta alla prova la nostra concezione di performance in relazione a un’esposizione permanente e che darà vita a una nuova opera globale, frutto delle connessioni instaurate attraverso il susseguirsi delle diverse azioni nell’arco del tempo.

Tino Sehgal

Si comincia con Instead of allowing some thing to rise up to your face dancing bruce and dan and other things (2000), il primo lavoro acquisito dal museo nel 2004, dove una figura umana sdraiata sul pavimento si muove seguendo una serie di posizioni che ricordano le opere di Bruce Nauman and Dan Graham. Un dialogo fra tradizione e contemporaneità, museo e performance live, attore e spettatore che mantiene ancora oggi la sua forza espressiva. Nel corso dei mesi le performance saranno sempre più coinvolgenti, invitando a partecipare anche i visitatori del museo.

L’esposizione diventa un fenomeno, un’esperienza, il museo uno spazio fluido in cui le opere "accadono", non semplicemente sono esposte. E, diciamolo, anche una trovata geniale per far tornare con piacere il pubblico del museo ogni mese. A quando un’iniziativa simile in Italia?

A Year at the Stedelijk: Tino Sehgal
a cura di Beatrix Ruf and Martijn van Nieuwenhuyzen
Stedelijk Museum, Amsterdam
gennaio-dicembre 2015




 
A Year at the Stedelijk: Tino Sehgal
A Year at the Stedelijk: Tino Sehgal

lunedì 12 gennaio 2015

Un incontro con Pier Paolo Calzolari alla GAM di Torino

La rassegna dedicata ai videomaker degli anni Sessanta e Settanta curata da Elena Volpato per la GAM di Torino continua con l’eccezionale Pier Paolo Calzolari
L’artista bolognese, più noto per i suoi lavori di tipo installativo contraddistinto da materiali poveri, dal ghiaccio al neon, racconterà questo altro versante della sua opera domani 13 gennaio alle 18.30 in un incontro gratuito. Un'occasione imperdibile per incontrare uno dei più interessanti artisti italiani e comprendere il ruolo che il suo studio bolognese a Palazzo Bentivoglio ebbe i quei caldi decenni  sia come luogo di incontro tra gli esponenti delle avanguardie internazionali, artistiche ma anche teatrali, sia come studio di registrazione di opere filmiche di altri colleghi.

Calzolari GAM
Pier Paolo Calzolari, Cucù – The glass reflects [da Day after Day a Family Life], Bologna, Berlino, 1972-1973       Performers: Pier Paolo Calzolari e Ginestra Bendini © Pier Paolo Calzolari Courtesy Archivio Fondazione Calzolari
Un appuntamento da segnare in agenda anche per ripercorre insieme a Pier Paolo Calzolari la nascita e lo sviluppo del ciclo di opere intitolato Day after Day a Family Life, da cui sono tratti i video selezionati dalla Videoteca della GAM di Torino visibili fino al 22 marzo grazie alla collaborazione con la Fondazione Calzolari. In mostra anche un lavoro di Gerry Schum del 1970 tratto da Identification appartenente alla collezione della Videoteca.

incontro con Pier Paolo Calzolari: martedì 13 gennaio alle 18.30
Videoteca GAM
Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
via Magenta 31

orari mostra: martedì-domenica 10.00-18.00

sabato 3 gennaio 2015

Qualche riflessione su GLITCH, la mostra in chiusura al PAC di Milano

Fra pochi giorni chiuderà la mostra che ha caratterizzato l’autunno del PAC di Milano: GLITCH, curata da Davide Giannella è un esperimento inusuale (almeno per Milano), ambizioso, complesso. Le sale dello storico spazio progettato da Ignazio Gardella si sono popolate di proiezioni, installazioni ed eventi performativi alla ricerca delle interferenze fra arte e cinema in Italia negli ultimi 15 anni. Ed ecco spiegato il titolo.


Una macchina espositiva che merita sicuramente qualche considerazione:

Il curatore: Davide Giannella è nato nel 1980, è un giovane curatore indipendente e sono convinto che a questa generazione destinata a rinnovare rapidamente le proprie categorie di pensiero, ad abituarsi alla flessibilità e, a proposito del tema della mostra, destinata a vivere in prima persona il passaggio da analogico a digitale, vada lasciato più spazio. Mettiamoli alla prova.

Il progetto: nel voler descrivere come l’arte contemporanea italiana abbia ridisegnato il concetto di storytelling attraverso il medium del video, vedendo assottigliarsi il confine fra cinema, arte e produzione amatoriale, GLITCH ha trasformato il PAC in un piccolo multisala. 64 film d’artista spalmati su due programmi alternati. Una mostra ricca, ma difficile da cogliere a pieno. La selezione è sempre troppo ardua, ma forse necessaria in questo caso. Avrei preferito un ciclo di rassegne anche più brevi, magari tematiche, piuttosto che una grande mostra-calderone in cui la mancanza di tempo e il naturale calo attentivo rischiano di far perdere al visitatore dei capolavori.


Gli artisti: la meglio gioventù italiana, nomi che seguo da un po’ (Alterazioni Video, Ancarani, Rä di Martino, Trevisani), altri ormai consacrati anche dal grande pubblico dell’arte contemporanea e non solo (Vezzoli su tutti).

Le opere: non solo video, la mostra è completata da una serie di installazioni che instaurano relazioni con il linguaggio e l’immaginario cinematografico. Un’idea interessante, un tentativo di ricondurre la mostra verso la dimensione più propriamente artistica, ma in alcuni casi mi è parso si trattasse, più che di un valore aggiunto, di una rischiosa deviazione dal concept della mostra e un ulteriore elemento di sovrabbondanza.

Courtesy Rä di Martino
L’opera del cuore: fra i filmati che sono riuscito a vedere e le opere installative, c'è qualcosa che più di tutto mi ha rubato il cuore, come sempre. Si tratta della serie fotografica di Rä di Martino, No more stars, Abandoned Movie Props, dove gli scenari cinematografici di Star Wars abbandonati ma ancora permeati di cultura americana diventano, attraverso lo sguardo dell’artista e con i loro oggetti dimenticati, inconsapevoli ambientazioni di land art nel deserto tunisino. Quasi metafisiche.

GLITCH. Interferenze tra arte e cinema in Italia
PAC, Milano 
fino al 6 gennaio


Foto della mostra: Nico Covre, Vulcano 2014

giovedì 1 gennaio 2015

Uno strepitoso Olafur Eliasson alla Fondation Louis Vuitton

Il mio augurio per il 2015 è quello di non stancarsi mai di sognare, varcare i confini, superare se stessi. Perché non farlo grazie a una stupenda mostra d’arte? Lasciatevi rapire dal cosmo ricostruito da Olafur Eliasson alla Fondation Louis Vuitton di Parigi, che ospita la seconda personale francese dell’artista dalla mostra del 2002 al Musée d’Art moderne de la Ville de Paris.

Olafur Eliasson Parigi
Eliasson ha studiato per la mostra “Contact” un gioco di ombre e di luci in movimento che paiono trasportare il visitatore nell'oscurità di un ambiente esterno, per esplorare il rapporto tra l'io, lo spazio e l'universo, invitandolo a forzare i propri sensi, a metterli alla prova per scoprire la ricchezza dell'immaginazione, per spostare un po’ più in là la linea di confine fra il noto e l’ignoto.

Olafur Eliasson Parigi
Sul tetto della Fondation Louis Vuitton Eliasson ha installato un apparecchio che traccia i raggi solari e in determinati orari li direziona verso un prisma multifaccia sospeso all’interno dell’edificio creando un gioco di riflessi.

Olafur Eliasson Parigi
Tutta la mostra interagisce con l’inedita commissione Inside the orizon per la quale Olafur Eliasson ha collaborato con Samuli Kosminen per il sound e che invita a dialogare con l’architettura della Fondazione grazie all’incontro fra luce solare, ombre, riflessi che cambiano la prospettiva delle pareti, dell’ambiente circostante e dei visitatori stessi. Un’altra incredibile prova dell’artista di origine islandese da non perdere.


Olafur Eliasson, Contact
Fondation Louis Vuitton, Parigi
fino al 16 febbraio 2015

Photo credits: Courtesy Olafur Eliasson e Fondation Louis Vuitton