giovedì 30 aprile 2015

Ibrahim Mahama: amore a prima vista! In attesa della Biennale di Venezia

Come promesso continuo a parlarvi di quegli artisti ed eventi che seguirò la prossima settimana in occasione dell’inaugurazione della Biennale di Venezia. Oggi tocca a Ibrahim Mahama, giovane artista del Ghana che mi ha stregato già da un po’ e che credo potrebbe rivoluzionare la mia collezione. Ma non vi svelo troppo, parliamo di lui. 

ibrahim mahama biennale venezia
Suley, 2014 - foto via Artsy
I lavori di Ibrahim Mahama mi hanno colpito fin dal primo sguardo. E non potrebbe essere altrimenti, date le dimensioni che superano sempre almeno i due metri. Si tratta di grandi installazioni realizzate cucendo fra loro come in un patchwork decine e decine di sacchi di iuta derivati dal commercio del cacao e poi riconvertiti per il trasporto del carbone. I sacchi raccontano dei loro viaggi, avendo ancora impressi i nomi delle città dove hanno fatto scalo e i marchi delle aziende che se li sono scambiati. Non solo: talvolta Mahama li decora a sua volta inserendo stampe di produzione cinese o africana, dichiaratamente low profile e di scarsa qualità. 

L’obiettivo di Mahama è quello di ragionare sulla globalizzazione dei mercati, stimolandoci a indagare sulla vera origine delle merci e rendendo evidente il meccanismo dello sfruttamento su cui si fonda gran parte dell’economia mondiale. Per questo motivo le prime installazioni sono nate nei mercati del Ghana e solo in un secondo momento in gallerie e musei. Opere d’arte pubblica che riportano quei sacchi nei luoghi da cui provengono. 

Da ieri le sue opere sono in mostra a Brescia, alla A Palazzo Gallery, complice del mio innamoramento perché è proprio nel loro stand di MiArt sono capitolato di fronte a uno dei suoi immensi lavori. Se anche voi volete farvi togliere il fiato dalla potenza di queste installazioni… preparatevi perché a Venezia Ibrahim Mahama supererà se stesso. Invitato dal curatore della Biennale Okwui Enzewor a rappresentare il Ghana, l’artista si è appropriato dei muri dell’Arsenale ricoprendoli di suoi vecchi abiti.  

biennale venezia ibrahim mahama
Civil occupation, 2014 - foto via Artsy

Se volete incontrarlo personalmente non perdete la presentazione del suoi libro Out of bounds, in conversazione con il curatore Osei Bonsu alle 14.30 del 7 maggio, sempre all’Arsenale

Io invece vi aspetto per la prossima news sulla Biennale 2015

venerdì 24 aprile 2015

Waiting for Biennale 2015: Caterina Tognon apre in una nuova sede

biennale 2015
Ci siamo: manca davvero poco all’inaugurazione della Biennale d’Arte di Venezia e comincio a sentire l’adrenalina di questo evento al quale mi sento molto legato. Proprio in Laguna ho incontrato infatti alcuni degli artisti che amo di più. Preparatevi quindi a una serie di post su quelli che secondo me quest’anno andranno seguiti in modo particolare.

La prima notizia che vi voglio dare riguarda però la mia amica Caterina Tognon che in occasione della Biennale riapre in uno spazio nuovo presso Ca’ Nova di Palazzo Treves, a San Marco. Una nuova sfida per lei per la quale le faccio i miei migliori auguri! 

I due progetti sono molto interessanti: il primo è un lavoro collettivo e riguarda ovviamente il vetro, per il quale Caterina Tognon ha da sempre un grande gusto ed è davvero una certezza a Venezia. I protagonisti sono due artisti europei, Mieke Groot e Edwin Dieperink, e due africani, Moussa Thiam e Malainy Sow. Una curiosa commistione di storie e culture nata dai regolari soggiorni di Mieke Groot in Senegal, dove ha scoperto la pittura su vetro tipica di quei luoghi. Il risultato sono una serie di gioielli intitolata Project Dakar


biennale 2015

Con il progetto di Katarzyna Kozyra cambiamo completamente orizzonte, poiché l'artista è nata in Polonia nel 1963. Looking for Jesus analizza la cosiddetta Sindrome di Gerusalemme, un disturbo scoperto dai medici nella seconda metà del secolo scorso che colpisce chi visita la Terra Santa. Si tratta di più di 100 ore di video in cui Katarzyna Kozyra riprende persone che si identificano nel Messia e quindi ritengono di avere poteri miracolosi. Credo che queste storie siano davvero affascinanti e permettano di porci diverse domande sui meccanismi della fede, i loro eventuali limiti e la verrà entità del pensiero critico e della ricerca sui fatti. 



Quando sarete a Venezia non mancate di fermarvi da Caterina Tognon a San Marco Vallaresso, che sia per l’inaugurazione o più in là. Dopo il 10 maggio avete tempo fino a novembre tutti i giorni dalle 15.00 alle 19.30

mercoledì 22 aprile 2015

Che sorpresa ritrovare Shadi Ghadirian a Milano!

Quella che vi racconto oggi è la storia di una coincidenza che domani mi porterà a incontrare per la seconda volta un’artista che ho conosciuto durante il famoso viaggio in Iran di qualche anno fa, una delle definitive folgorazioni che mi ha portato a diventare collezionista. Stavo passeggiando per gli stand del MIA, la fiera di fotografia di Milano che ha confermato essere viva e stimolante più che mai, quando ho riconosciuto le famosissime fotografie di Shadi Ghadirian. Sono certo che sapete di cosa sto parlando: quelle immagini di donne ricoperte da chador floreali i cui volti sono tramutati in utensili da cucina: guanti di gomma, bollitori, ferri da stiro e così via. Sono lavori dei primi anni duemila ormai pressoché introvabili. Il mio amico Giuseppe ebbe la lungimiranza di acquistarne diversi proprio durante quel viaggio. Potete dunque immaginare il mio stupore nello scoprire che da domani fino al 21 giugno la galleria Officine dell’Immagine le esporrà a Milano in occasione della sua più più grande personale italiana. Era ora!


Shadi Ghadirian, 40 anni, è ormai ben nota a livello internazionale, con all’attivo mostre al British Museum di Londra e al CCCB di Barcellona e opere acquistate dal Centre Pompidou di Parigi, dal Victoria and Albert Museum di Londra, dal Boston Fine Art Museum, giusto per citarne alcuni. Finalmente anche l’Italia le dedica il giusto spazio, anche se non a livello istituzionale (nostra grave pecca sul contemporaneo, si sa…) con la mostra The Others me, che ripercorre i momenti salienti della sua ormai quindicinale carriera attraverso le sue diverse serie fotografiche. 


Dalla già citata Like everyday (quella degli utensili) alla precedente Qajar (1998), dove in scenari d’epoca, Shadi Ghadirian aggiunge alcuni oggetti proibiti della modernità, come macchine fotografiche, telefoni, cosmetici femminili oppure occhiali da sole, creando una collisione scenica ed evidenziando le contraddizioni della sua cultura. Sono molto curioso anche di vedere i suoi lavori più recenti, come la serie Miss Butterfly, che ho visto ultimamente in qualche fiera e trovo molto eleganti grazie al bianco e nero. Donne sole intente a tessere ragnatele ricordano un’antica favola iraniana in cui una farfalla desiderosa di incontrare il sole cadde prigioniera nella tela di un ragno. Un’altra delle intelligenti metafore cui Shadi ci ha abituati per affrontare con raffinatezza ma anche grande effetto, lo scontro fra modernità e tradizione della sua cultura dal punto di vista delle donne. 

L’inaugurazione sarà domani sera e vi consiglio di non perderla se anche voi volete conoscere Shadi di persona. Io sono già certo che mi emozionerò, ricordando il nostro primo incontro in Iran… ritrovarla a Milano è stata una sorpresa unica. 


Shadi Ghadirian. The Others me
Milano, Via Atto Vannucci 13
dal 23 aprile al 21 giugno 






mercoledì 15 aprile 2015

Contemporary Locus: a Bergamo la storia rivive grazie all'arte contemporanea

Milano è viva! Mai come quest’anno mi sento di poterlo urlare a gran voce: MiArt e MIA contemporaneamente, questa settimana il Salone del Mobile e i suoi tantissimi eventi. Amo sempre di più questa città. Ma non sono per niente campanilista e mi piace cercare situazioni interessanti anche al di fuori, come vi ho raccontato qualche giorno fa a proposito del Rossini Art Site

Oggi quindi smetto di essere milanocentrico e vi parlo di un progetto davvero unico nato a Bergamo nel 2012 e che continua la sua attività con grande successo. Si chiama contemporary locus ed è un’associazione culturale che si impegna al recupero di luoghi dismessi ma di particolare interesse storico e li riporta in vita attraverso l’arte contemporanea


contemporary locus bergamo
Porta Sant'Alessandro a Bergamo (foto via contemporarylocus.it)
Oggi siamo ormai alla settima edizione di queste eccezionali esposizioni in luoghi da riscoprire curate da Paola Tognon. L’inaugurazione è stata a fine marzo, ma c’è tempo fino al 24 maggio per lasciarsi letteralmente affascinare dalle opere di Heimo Zobernig e Davide Bertocchi, gli artisti selezionati per realizzare lavori site specific su uno degli storici accessi alla città: Porta Sant’Alessandro, inserita nelle mura veneziane e tutt’oggi attraversata da pedoni e automobili. Venute meno le funzioni daziarie della porta, lo spazio che la sovrasta è chiuso al pubblico ormai dagli inizi del Novecento. 

Cosa potrete vedere? Heimo Zobernig ha pensato a un’installazione composta da 11 moduli autonomi in vetro soffiato di Merano, che quindi ricorda l’origine veneziana delle mura e della porta. Davide Bertocchi gioca invece con il suono per interagire con il luogo e connettere la dimensione antica e silenziosa della porta con quella attuale, movimentata e vivace. 

contemporary locus bergamo
Heimo Zobernig (foto via contemporarylocus.it)
Io non ci sono ancora stato, ma conosco bene il lavoro di Zobernig grazie alla mia amica Caterina Tognon di Venezia (di cui fra l’altro vi parlerò presto…) e vi assicuro che toglie il fiato. Sono anche molto curioso di sentir rivivere secoli di storia grazie all’installazione audio di Bertocchi e credo che di ritorno dalla Biennale (o magari anche prima) una tappa a Bergamo sia d’obbligo, dato che questa città è sempre più frizzante dal punto di vista dell’arte contemporanea. Si veda la mostra attuale di Cory Arcangel alla GAMeC e prima ancora quella di Luigi Ontani, di cui vi avevo anche parlato.

Trovate tutte le info su contemporary locus qui. Enjoy! 

venerdì 10 aprile 2015

Arte contemporanea a Milano per salutare MiArt

Domenica alle 19 chiuderanno anche per quest'anno i battenti della fiera milanese MiArt, ma prima di cedere al vortice del Salone del Mobile c'è un altro appuntamento da non perdere. Lo Spazio Oberdan ospita la prima proiezione di Arte contemporanea a Milano, un racconto per immagini ideato e narrato da Rossella Farinotti con Giacomo Favilla alla regia. Quando? Domenica 12 alle 21.00.

Milano non è solo il Cenacolo, il Cristo del Mantegna e chi come me adora questa città per il frizzante il circuito delle gallerie e per la tenacia dei suoi artisti lo sa bene. Nessuno però aveva ancora incontrato e raccontato tutte le diverse realtà che a Milano coesistono guardando tutte nella stessa direzione, ma troppo spesso non collaborando. Le istituzioni, le gallerie, i curatori, gli artisti affermati e quelli che magari si sono trasferiti a Milano per trovare un'opportunità. E ovviamente i collezionisti. Rossella Farinotti, giovane critica cinematografica e d'arte, ha avuto la pazienza di fare questo censimento e di raccogliere le testimonianze di chi a Milano vive quotidianamente di arte contemporanea. Sono davvero curioso di conoscere il risultato di questo impegnativo lavoro e di ritrovare nel film tanti amici e vecchie conoscenze, ma soprattutto di lasciarmi stupire dalle realtà che ancora non conosco.

Il progetto fa parte del ciclo Giants in Milan di Pino Farinotti, in collaborazione con il Comune di Milano, Il Museo interattivo del cinema-Cineteca Milano e il sistema bibliotecario di Milano- Biblioteca Sormani, in vista di Expo2015 e uscirà in dvd a maggio diviso in due volumi, uno dedicato alla Milano più istituzionale e l'altra alle gallerie e agli spazi indipendenti. 
Quello che potremo vedere domenica 12 alle 21 allo Spazio Oberdan sarà una versione unitaria di 90 minuti. 

Vi aspetto tutti, per salutarci e darci appuntamento alla prossima edizione di MiArt! 



Sebastiano Mauri, You Are Me: un’opera unica per un’unica sera

Ieri sera sono stato a MiArt e devo dire che ho riscontrato in generale un’alta qualità, mi pare che sopratutto le gallerie milanesi abbiano scelto di mostrare i propri cavalli vincenti. Dopo la bella festa di ieri sera ai Frigoriferi milanesi di Open Care, oggi tocca alle mostre in galleria che inaugurano facendoci saltare come palline da ping pong da una parte all’altra della città. Ma con piacere! Trovate qualche indicazione nella mia mini guida

Oggi vorrei ricordarvi anche un altro appuntamento nato in occasione di MiArt: domani dalle 18 alle 22 presso h+ in via Varese 12 Sebastiano Mauri presenterà la sua live installation YOU ARE ME. L’occasione è unica perché per la prima volta Sebastiano renderà la sua video installazione Shadow of doubt interattiva e ogni visitatore potrà diventare protagonista.

Cos’è Shadow of doubt? Un progetto multimediale a cui Sebastiano Mauri lavora ormai da qualche tempo, nel quale attraverso una commistione di pittura, fotografia e video arte ragiona e lancia una provocazione sul tema dell’identità. I volti di passanti ritratti per strada si sovrappongono e si confondono per ricordare che le categorie di genere, etnia ed età in fondo sono convenzioni e costrizioni. 

Come partecipare a YOU ARE ME? Basta recarsi allo spazio h+ domani sera e prestare il proprio volto, lasciando che si confonda con quello di altre persone grazie alla dissolvenza. Durante la serata Sebastiano Mauri scatterà ritratti fotografici dei volti proiettati sulla tela che se vorrete potrete acquistare. 

Il progetto è ovviamente realizzato in collaborazione con la galleria Otto Zoo

martedì 7 aprile 2015

Milano prima di Expo: tutti pronti per miart e MIA

Ci siamo: spero vi siate rilassati durante le festività pasquali perché da domani ci aspetta un piacevole tour de force all’insegna dell’arte contemporanea. Per la prima volta Milano ospiterà contemporaneamente sia miart sia MIA, per lasciare che a maggio ogni riflettore sia puntato su Expo. 

Sono davvero contento che miart (dal 9 al 12 aprile a fieramilanocity), che vede confermato per il terzo anno consecutivo il direttore Vincenzo de Bellis, sia in continua crescita e soprattutto sempre più internazionale. Addirittura  il 46% degli spazi espositivi  sarà occupato da gallerie straniere, in modo particolare inglesi e statunitensi. Per quanto riguarda gli italiani sono previsti grandi rientri di quelle gallerie che da anni snobbavano la fiera casalinga e notevoli prime volte. Insomma, Milano è sempre più interessante e finalmente anche la sua fiera lo dimostra. Anche la suddivisione degli spazi è in continuo rinnovamento, con la sezione First Step che va ad aggiungersi alla tradizionale Master & Contemporary, dove vedremo gallerie già note che però per la prima volta accedono a miart o hanno compiuto il salto da emergenti a Established. Non perdetevi anche la sezione Object, dedicata al design contemporaneo in edizione limitata, che niente ha da invidiare alle opere d’arte. 

Come spesso capita, però, la parte più gustosa della fiera è ciò che accade fuori dai padiglioni, quindi vi ricordo che avete la possibilità di visitare la collezione del mio amico Giuseppe Iannaccone sabato 11 mattina, ammesso che ci siano ancora posti! Ne ho parlato qualche giorno fa qui

Fra le inaugurazioni di mostre museali e gallerie, ecco una mia rapida selezione di quello che davvero non potete perdervi: 

mercoledì 8 aprile

Hangar Bicocca, Juan Munoz “Double Bind & Around”, a cura di Vicente Todolì
la prima personale in Italia della più grande voce della Spagna post franchista, con 15 opere che includono la magnifica installazione realizzata per la Turbine Hall di Londra nel 2001, poco prima della prematura scomparsa 


miart guida



giovedì 9 aprile

oltre a miart inaugura la mostra enciclopedica Arts & Foods curata da Germano Celant per Expo, insieme alla nuova edizione del Triennale Design Museum, di cui sicuramente avrò modo di parlare più avanti

si aprono le danze con Unframed, grande festa organizzata da Christie's, Open CareArtribune e altri sponsor presso i Frigoriferi milanesi per anticipare le aste di fine aprile (l'evento è su invito)

miart guida


venerdì 10 aprile: tour delle gallerie

Monica De Cardenas, Linda Fregni Nagler “Pour commander à l’air” 
seconda mostra in galleria per Linda Fregni Nagler, elegantissima artista che riflette sulla natura ambigua della fotografia documentaria. Le immagini mostrano un momento sospeso, ma non raccontano nulla del destino del soggetto fotografato…
Kauffmann Repetto, Nicola Martini e Andrea Kvas
due giovani artisti che condividono materiali e spazi per far confluire il loro lavoro in un’unica entità ospitata dalla galleria e in continuo mutamento

Raffaella Cortese, Roni Horn “Water Teller”
Roni Horn presenta per la prima volta in Italia una nuova serie di fotografie intitolata Water Teller, costituita da otto dittici. Ogni dittico è costituito da quattro immagini del volto del fotografo Juergen Teller. Nessuno dei quattro volti, però, è l’immagine originale del soggetto, ma è il suo riflesso nell’acqua. Nonostante le immagini siano pressoché identiche, ognuna conserva così la propria identità
miart guida

ZERO…, Pietro Roccasalva “The Wooden O
tenete d'occhio questo talento italiano

Lisson Gallery, Cory Arcangel “Hot Topics”
in mostra gli adorabili gruppi scultorei composti da pool noodles, colorati tubi galleggianti che rimandano a figure umane o a rappresentazioni delle comunità giovanili vicine alle sottoculture americane. Ricordatevi che l'esposizione alla Lisson Gallery completa quella bergamasca inaugurata  con grande successo qualche giorno fa alla GAMeC


miart guida


sabato 11 aprile alle 12.00 
inaugura ufficialmente l’opera ambientale e collettiva Wheatfield di Agnes Denes promossa dalla Fondazione Catella, in collaborazione con la Fondazione Trussardi (con la curatela di Massimiliano Gioni) e Confagricoltura
un campo di grano di 5 ettari nell’area di Porta Nuova 


miart guida


E la Milano Image Fair - MIA? Ecco, il rischio che si perda in questo eldorado è davvero alto. Intanto ricordatevi che quest'anno non sarà al SuperstudioPiù ma si sposta a The Malltra Viale Liberazione e Via Galileo Galilei, nei pressi della bellissima Diamond Tower. L'inaugurazione è il 10 aprile e direi che meriterà sicuramente una visita, soprattutto per la sezione delle proposte MIA, ossia i lavori di quei fotografi non rappresentati da nessuna galleria ma selezionati dal comitato curatoriale della stessa fiera. 

A me gira già la testa con tutti questi eventi, voi che dite? Adorabile Milano... 





venerdì 3 aprile 2015

La collezione Iannaccone: un viaggio intorno al mondo

Oggi vorrei parlarvi della collezione del mio carissimo amico Giuseppe Iannaccone. Vi ho già raccontato di quanto sia stato fondamentale il suo supporto quando la mia raccolta era ancora agli inizi, timida e senza molte pretese. Credo che, dopo Claudia Gian Ferrari, Giuseppe sia stato il mio più importante punto di riferimento, non solo per la passione che mi ha trasmesso e che ora condividiamo, ma anche perché ha un approccio molto più storico e di ricerca. La sua collezione degli anni Trenta e Quaranta del Novecento è degna di un museo, e non sono l'unico a dirlo: storici dell'arte e curatori ne restano sempre affascinati.

Qualche anno fa è uscito nelle librerie anche il catalogo delle opere storiche della collezione di
collezione iannaccone
Charles Avery
Giuseppe Iannaccone
, ma oggi vorrei parlare della raccolta di arte contemporanea dato che sabato 11 aprile i più fortunati potranno vederla presso il suo studio grazie a un'iniziativa di miart. Ovviamente è un'occasione imprendibile per chi ancora non conosce Giuseppe e i posti sono limitati, quindi prenotatevi: prenotazionecollezioneiannaccone@iannaccone.com
Per chi non riuscisse si consoli: dal 9 aprile si potrà visitare in maniera virtuale grazie al sito dello studio legale completamente rinnovato con una sezione dedicata all'arte.

Perché la sua collezione è così interessante? Più di duecento opere di arte contemporanea collezionate con grande intuito e ricerca, artisti provenienti da ogni parte del mondo, alcuni già molto affermati ad altri più giovani su cui Giuseppe ha voluto scommettere. L'obiettivo? Potersi muovere fra le sale dello studio, dove come professionista trascorre la gran parte della sua settimana, avendo la sensazione di viaggiare fra culture e storie diverse, dall'Italia al Medio Oriente, dai paesi nordici all'India. Giuseppe ha saputo scegliere trovando fra le opere un forte denominatore comune: la necessità di raccontare l'uomo a 360 gradi, con le sue paure, debolezze e contraddizioni.

collezione iannaccone
Margherita Manzelli
Qualche nome degli artisti in collezione? Fare una selezione non le renderebbe giustizia. Molti sono gli stessi che seguo anch'io, per affinità con Giuseppe, perché li abbiamo scoperti insieme nei nostri viaggi o perché è stato lui a parlarmene, talvolta su suggerimento di Claudia Gian Ferrari. Senza Giuseppe e Claudia non credo mi sarei mai avvicinato alle opere di Luigi Ontani, ad esempio, e credo che io e lui insieme formiamo la più corposa collezione di opere di Charles Avery in Italia. Un'altra passione che è nata in condivisione è quella per Kiki Smith o per Shirin Neshat e a Giuseppe devo anche la scoperta di Francesco Gennari, che anni fa aveva invitato a esporre nel suo studio, sempre per miart. Ormai Giuseppe è una colonna nel panorama del collezionismo milanese d'arte contemporanea!

collezione iannaccone
Michael Borremans
Ma la ricchezza della collezione di Giuseppe Iannaccone non è solo nei nomi altisonanti degli artisti, quanto nella visione d'insieme che ogni visita al suo studio regala. Ogni singola opera è scelta con una tale cura che l'una con l'altra sembrano dialogare perfettamente. Un'impresa che nessun museo o galleria d'arte potrebbe permettersi e che Giuseppe da anni persegue con lo stesso entusiasmo dei primi acquisti, quell'entusiasmo per cui non smetterò mai di ringraziarlo perché è davvero contagioso. Anche per questo motivo vi invito a conoscerlo di persona in questa occasione unica coordinata da miart: sentirlo raccontare della sua collezione ogni volta è un'emozione nuova.

mercoledì 1 aprile 2015

Apre il Rossini Art Site, una chicca a mezz'ora da Milano

Oggi vi voglio parlare di una vera chicca, di quelle che non ti aspetti, soprattutto in una zona che i milanesi conoscono solo per i suoi meriti produttivi e tutt’al più per qualche gitarella enogastronomica. Sto parlando di un luogo speciale che si trova in Brianza, per la precisione a Briosco, di cui sono venuto a conoscenza casualmente e che proprio oggi apre ufficialmente le porte al pubblico dopo anni di attività più o meno saltuarie dedicate all’arte contemporanea. 

rossini art site

Curiosi, eh? Si tratta di una collezione privata di sculture della seconda metà del Novecento, ma con opere anche molto recenti installate in un meraviglioso parco di 10 ettari, che prenderà il nome di Rossini Art Site. Il nome corrisponde ovviamente alla famiglia dei proprietari ma cita con un gioco di parole anche il movimento architettonico SITE poiché il fulcro del parco è un padiglione progettato dall’omonimo studio newyorkese capitanato da James Wines, proprio su commissione dei Rossini. Architettura e natura dialogano perfettamente. 

rossini art site


La collezione vale davvero la mezz’ora di strada che separa Briosco da Milano, con opere monumentali di Consagra, Turcato, un Melotti da togliere il fiato, una compressione di César, anch’essa realizzata su commissione e in collaborazione con l’attività produttiva dei Rossini, e opere più recenti di artisti più giovani che in Brianza hanno trovato il luogo ideale per creare, come ad esempio il tedesco Franz Stahler, le cui anfore sono diventate negli anni il simbolo del parco. Date un occhio alle foto!

rossini art site


E se non ne potete più di aggirarvi fra le opere d’arte e volete semplicemente rilassarvi, non andate via senza aver visto il sole tramontare fra le colline brianzole, mi raccomando. 

rossini art site


In bocca al lupo ai Rossini per questa impresa che sono certo crescerà. Vi invito a consultare il sito per i dettagli e per restare aggiornati sulle attività del Rossini Art Site di cui vi assicuro riparlerò presto…