domenica 24 gennaio 2016

Una nuova parodia di Marina Abramovic

Che la performance di Marina Abramovic al MoMA sia ormai entrata nell’immaginario collettivo ormai non abbiamo alcun dubbio. Le parodie hanno raggiunto anche la TV più generalista e chi di arte contemporanea non si occupa. Vi ricordate Virginia Raffaele all’ultima Biennale

Questa volta però la parodia arriva dall’interno del sistema dell’arte e prende la forma di una denuncia nei confronti di un mondo in cui è diventato imprescindibile occuparsi del proprio aspetto fisico e dallo status sociale ed economico. Aspetti ai quali la stessa Marina Abramovic coi suoi lifting sembra sempre più dare peso. Almeno secondo Lisa Levy, artista di Brooklyn, che presenterà a giorni la performance The Artist is Humbly Present alla Bushwick's Christopher Stout Gallery, facendo il verso a Marina. 

foto via artnet.com
In che cosa consiste la performance? Lisa Levy starà seduta e senza vestiti su un WC per due giorni interi, mettendo letteralmente a nudo il suo ego e rendendosi veramente vulnerabile sotto lo sguardo dei visitatori. Ovviamente non mancherà un secondo sedile di ceramica per chi fra il pubblico se la sentirà di affrontare il confronto, così come fu al MoMA qualche anno fa. 


Non posso giudicare la performance della Levy, che ancora non ha avuto luogo e alla quale ahimè non potrò assistere. Temo che possa facilmente sconfinare nel trash e forse l'unica verità è che vuole servirsi della fama di Marina, quindi far parte dello stesso circo che dice di voler criticare. 

foto via artnet.com

Una cosa è certa: da quel famoso esperimento del 2010 Marina Abramovic è uscita dal cuore di molti appassionati d’arte che l’avevano amata per la sua trasgressione e il suo spirito avanguardista, delusi soprattutto dal suo atteggiamento da star. Ed è sintomatico che sia il suo stesso mondo a sbeffeggiarla. 

Voi che ne pensate? 

giovedì 21 gennaio 2016

L'Edicola Radetzky val bene una passeggiata in Darsena

I non milanesi non me ne vogliano, ma anche oggi voglio parlare di quanto nell’ultimo anno il capoluogo lombardo sia cresciuto, abbia saputo rinnovarsi e credere in progetti alternativi. Voglio parlare dell’Edicola Radetzky. Avete presente quell’edicola liberty abbandonata che si trova lungo la Darsena? Magari ci sarete passati di fianco milioni di volte senza nemmeno notarla. 

Ebbene, da qualche mese quell’edicola in disuso ormai da quasi un decennio è protagonista di progetto di restauro un po’ fuori dal comune. A gestirlo un’associazione di giovani artisti (Progetto Città Ideale: Mirko Canesi, Fiorella Fontana e Stefano Serusi con la direzione artistica di Andrea Lacarpia) che ha avuto l’intuizione di trasformare questo bene storico milanese in un polo espositivo dedicato all’arte contemporanea



 L’idea interessante non è solo la possibilità di vedere riqualificato un pezzo di storia di Milano, come emerge bene anche dal suo nome, Radetzky, ereditato dal supporto sul quale nell’Ottocento erano affissi i bandi dell’omonimo terribile governatore. Il progetto è infatti una preziosa opportunità per riflettere sulle potenzialità comunicative dell’arte contemporanea, sul suo apporto al contesto cittadino e la sua azione sull’immaginario collettivo, coinvolgendo anche chi di arte non si intende né si occupa, come turisti e passanti. 

Un’esperienza di arte pubblica e un momento di aggregazione sociale che funziona già da ottobre, quando il Cantiere Radetzky ha preso avvio, con artisti che si alternano instancabili ai lavori ogni weekend. Ma non solo. Mirko Canesi e Andrea Lacarpia hanno chiesto agli stessi di pensare a un progetto artistico site specific, che anticipa quello che diventerà l’Edicola una volta terminato il restauro: uno spazio espositivo a lungo termine intimamente connesso al tessuto urbano



Domenica 24 dalle 11 alle 14 i curatori e gli artisti si ritroveranno per fare il primo punto della situazione, mostrando per la prima volta tutti insieme i progetti realizzati fin qui

C’è chi ha riflettuto sul tema del lavoro, come Giuseppe Buffoli e la sua cassetta degli attrezzi dal sofisticato gioco di incastri, le spatole ergonomiche e i grembiuli con stampe psichedeliche di Daniele Carpi, i cappellini con logo dipinto a mano di Giovanni De Francesco, il telo protettivo di Mirko Canesi che riproduce i marmi policromi di una pavimentazione, la casacca luminosa di Yari Miele, la tenda che riprende una tag presente sulla superficie dell’Edicola di Davide Spillari, i segnali luminosi di Devis Venturelli o la transenna di Fiorella Fontana



Altri si sono concentrati sulla dimensione temporale che il lavoro di restauro comporta, come la pietra di salgemma che lentamente si scioglie in riva alla Darsena di Marcello Tedesco, il dipinto realizzato all’interno da Adi Haxhiaj, le conchiglie di cartapesta rosa donate ai passanti di Stefano Serusi (un lavoro dalla connotazione anche relazionale, dunque), gli occhi apotropaici posizionati sul tetto da Lorenzo Manenti. Il lavoro di Francesco MalutaSerena Vestrucci è forse il più vicino alla funzione originaria dello spazio espositivo: un quotidiano che recita in copertina "Today we should be thinking about Edicola Radetzky". 

Ma c’è molto altro e vi invito a scoprirlo domenica o nei prossimi weekend. Troverete gli artisti a vostra disposizione per parlarvi del progetto di fronte a questo piccolo gabbiotto in ferro che in fondo è la metafora della storia di Milano: distrutto e ricostruito a ripetizione perché niente a Milano muore veramente, ma tutto si trasforma


Complimenti a Progetto Città Ideale! Qui sotto continua la gallery. 










lunedì 18 gennaio 2016

Fiera vecchia... si cambia! I 40 anni di ArteFiera a Bologna

A pensarci bene sembra uno scherzo. Arte Fiera Bologna, la fiera che in assoluto ho frequentato di più, compie già 40 anni, seconda in Europa per età solo ad ArtBasel. E se negli ultimi anni avevamo temuto stesse per cedere (leggete ad esempio il mio report dello scorso anno), l’anniversario darà sicuramente nuovo vigore a questa affascinante quarantenne. 

Come? Intanto rispetto al 2015 i padiglioni crescono di uno, così come le gallerie ospitate che sono quasi raddoppiate rispetto al 2013. I direttori artistici Claudio Spadoni e Giorgio Verzotti sono confermati, con un palinsesto di mostre ed eventi collaterali degno dei dovuti festeggiamenti. Si comincia con il MAMbo che ospiterà la mostra Arte Fiera 40, con opere provenienti dalle gallerie che espongono in Fiera e una selezione - esposta nell’illustre Pinacoteca Nazionale - di 40 artisti italiani da Giorgio Morandi ai contemporanei (e quanti, se no?). 



Anche le sezioni della Fiera crescono e diventano cinque, con altre novità: il fulcro è come sempre la Main section con le principali gallerie d’arte moderna e contemporanea, all’interno del quale troverà spazio una speciale area curatoriale, denominata I protagonisti, con le gallerie Continua, Galleria Milano, Lia Rumma, Studio La Città, Tega. La sezione Solo Show offrirà uno spaccato dell’arte italiana e internazionale con stand realizzati da gallerie che propongono monografiche di grandi interpreti, dal moderno al contemporaneo. La sezione Nuove Proposte ospita le gallerie che presentano giovani di età inferiore ai 35 anni e ci sarà anche la terza edizione della sezione Fotografia realizzata in collaborazione con Mia Photo Fair-Milan Image Art Photo Fair, curata da Fabio Castelli (vi ricordate che l’anno scorso mi era parsa la sezione migliore?). Non mancheranno ovviamente le Conversations, per le quali rimando al sito ufficiale della fiera. 


Per me comunque non c'è novità che tenga, il vero evento di quest'anno è la proiezione di River of Fundament, l'ultimo allucinante film di Matthew Barney, uno di quegli artisti per cui potrei compiere una follia (finanziaria, s'intende!). L'appuntamento è per il 29 gennaio alle 17.30 al Teatro Comunale di Bologna. Super anteprima e orgoglio italiano. 


Allora, ci si vede là come ogni fine gennaio?  

lunedì 11 gennaio 2016

The stars look very different today: l'addio a David Bowie

Eccomi tornato a scrivere dopo le vacanze natalizie. Certo, avrei davvero preferito cominciare con un argomento diverso. Ne avevo anche parecchi in mente, Milano non è stata certo ferma in queste due settimane di festività e gli appuntamenti che ci aspettano sono tanti. Ma quando una stella del calibro di David Bowie lascia questo mondo è giusto rendere omaggio.

Come saprete di solito non mi lascio andare in commemorazioni, ma stiamo parlando di David Robert Jones, conosciuto da sempre come Bowie. Scelse questo pseudonimo all'inizio della sua carriera per non essere confuso con un altro cantante (Davy Jones): ancora non poteva sapere che non sarebbe stato confuso con nessun altro.



Bowie è unico e non parlo solo della sua musica, che può anche non piacere (anche se, ammettiamolo, l'abbiamo ballata tutti). Il Duca Bianco è stato trend setter, mistero, ribellione, imprevedibilità. Un'icona della moda che ha attraversato decine di fasi e identità: dissidente astronauta del folk-rock, poi alieno glam-rock, androgino, Ziggy Stardust con i capelli arancio e inaspettatamente elegante e con gli occhi azzurri (Thin White Duke), poi ancora un art rocker amante delle droghe (la fase di Berlino), hit-maker della new-wave, un hard rocker, un entusiasta techno e un impressionista jazz. Tutto e il contrario di tutto. 



Bowie ha liberato Berlino dal muro con Heroes, sdoganato la bisessualità con i suoi poliedrici travestimenti. Insomma, ha lasciato un segno sulla società oltre che nei cuori dei suoi fan


Non dimentico la sua carriera di attore, con alcuni ruoli memorabili in The Man Who Fell to Earth, Labyrinth, The Hunger, Twin Peaks: Fire Walk With Me e The Prestige, tra gli altri. 


Di artisti così ne nascono davvero pochi per ogni secolo e le celebrazioni della recente mostra internazionale ne sono solo una piccola prova. Quello che più mi sconvolge è che se ne sia andato silenziosamente solo qualche giorno dopo il suo 69esimo compleanno, lasciando un disco favoloso ancora da ascoltare e amare, forse un consapevole testamento. Il video di Lazarus, col senno di poi, ci commuove proprio per questo. 





Allora concedetemi questa parentesi nel mondo musicale per ricordare un grande del nostro tempo che di certo sarà fonte di ispirazione ancora per molte generazioni di artisti, in senso lato.

Ciao David, the stars look very different today... adesso sappiamo cosa significa.



ps: se volete vedere qualche foto poco vista di Bowie fate un salto a questo link.